Versión italiana de este artículo muy personal y el primero publicado en este weblog el 10 de noviembre de 2008: Parejas venecianas.
Pochi giorni fa ho riletto questo articolo che da più di dieci anni era rimasto lì, in qualche angolo della mia mente. Si tratta di un articolo di Pérez Reverte sul tema dell’omosessualità,ispirato in una coppia di due uomini che lo scrittore incontrò per caso a Venezia. Con mia grande sorpresa mi sono reso conto che, purtroppo,l’articolo è ancora oggi in pieno vigore. Era già da un paio di giorni che ricevevo inputs di storie di persone gay che venivano fuori nelle notizie, comunque la stangata me la sono data proprio questa settimana, quando all'improvviso ho ricordato alcune piccole cose che mi sono successe in questi ultimi mesi. Frasi Irrilevanti, gesti, sguardi maligni o addirittura storie di vita di persone che non vivono qui e non sono così fortunati come lo sono altri. A volte non mi rendo sufficientemente conto di vivere confinato in “un'isola di tolleranza". Ho una famiglia comprensiva, un ambiente di lavoro amichevole e degli amici che mi vogliono bene per il semplice fatto di essere “io”. Me lo sono guadagnato lavorando sodo e so meglio di molte altre persone cosa vuol dire affrontare il fatto di essere gay nella nostra società. La mia strategia è stata (ed è) di andare avanti dicendo la verità come un modo di esorcizzare i mali che potrebbero venire dal “cosa diranno” e dall’ipocrisia generale che ci colpisce e ci infetta dappertutto. Tuttavia, a volte neanche questo basta e dobbiamo essere “attenti”. Non voglio rinunciare ad esprimere il mio affetto in pubblico per un amico,ne a baciarmi con il mio partner passeggiando per il quartiere gotico di Barcellona o di ammettere che il mio film preferito è un stronzata come "The adventures of Priscilla", oppure che i film di Ozpetek mi commuovono e mi fanno persino piangere quando mi arrivano al cuore. Semplicemente non mi piace occultarmi, nascondermi o rinchiudermi da nessuna parte. Né il capo ,ne il fratello, ne il collega di lavoro, ne la donna che passa per strada possono giustificare un passo indietro su questo punto. In caso contrario sarebbe negare me stesso e dimenticare chi sono. Vi Lascio qui l'articolo per chi voglia leggerlo:
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COPPIE VENEZIANE, 1997, Arturo Pérez Reverte:
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COPPIE VENEZIANE, 1997, Arturo Pérez Reverte:

Sembravano felici. Due ragazzi fortunati, mi dissi, per quanto sia possibile, perché guardando loro, lí, in quella sera glaciale a bordo del vaporetto che li portava attraverso la città lagunare, cosmopolita, tollerante e saggia, pensai quante ore amare erano state vendicate in quel momento per quel sorriso. Lunghe adolescenze girando nei parchi o nei cinema per scoprire il sesso, mentre altri giovani si innamoravano, scrivevano poesie o ballavano abbracciati nelle feste della scuola. Notti in strada sognando un Principe Azzurro della stessa età per poi tornare all'alba fatti una merda, pieni di tristezza e di solitudine. L'incapacità di dire ad un uomo che ha gli occhi belli, o una bella voce, perché, invece di ringraziarti o sorriderti, è molto probabile che ti spacchi la faccia. E quando si ha voglia di uscire, conoscere, parlare, innamorarsi o qualsiasi altra cosa, invece di andare in un caffè o un bar, essere condannato a vita a frequentare locali “gay”, e ritrovarsi all’alba tra questi corpi artificialmente muscolosi, impastticcati, “regine” scandalose, e drag queens “pseudo-sofisticate”. Tranne che alcuni o direi molti si auto emarginino (non avendo ancora accettato del tutto la loro condizione), in squallide alternative come quella della sauna ,il cinema x ,una rivista di contatto oppure nella sordidezza del pubblico orinatoio.

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